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Campagne native advertising: ecco due campagne di native advertising memorabili!

Di campagne native advertising, in questo blog, ne abbiamo parlato a profusione. Abbiamo visto quali sono i formati nativi e come creare una landing page efficace per questo canale. Nel corso degli anni, abbiamo pure analizzato tre campagne native advertising che non sembravano pubblicità.

Con questo articolo vogliamo uscire un po’ dai nostri soliti schemi e lasciare spazio alla narrazione. Non andremo, infatti, ad analizzare la costruzione di una campagna native advertising; procederemo, invece, con qualcosa di diverso.

Questo spazio, oggi, ci servirà a raccontare due delle migliori campagne di native advertising mai realizzate negli ultimi dieci anni. E, sottilmente, mostreremo come creatività, pianificazione strategica e studi di mercato convergono nel marketing online per creare campagne native advertising memorabili.

Ripassino (dovuto) velocissimo sulle campagne native advertising

Prima di fare la panoramica sulle migliori campagne native advertising degli ultimi tempi, facciamo un brevissimo (doveroso) ripasso.

Come sappiamo, le campagne native advertising vengono utilizzate dai brand per stimolare l’attenzione dell’utenza, senza che questa si accorga di essere a contatto con una forma pubblicitaria. Il canale native advertising, infatti, sfrutta una strategia che integra gli annunci pubblicitari in un contesto specifico, in modo tale da sembrare una parte nativa di quell’ambiente.

L’approccio alle campagne native advertising include l’idea di offrire contenuti pubblicitari pertinenti e coerenti con l’esperienza dell’utente, evitando di interrompere il flusso narrativo o visivo della storia.

Orange is the New Black: la campagna di native advertising per eccellenza

Sono passati quasi dieci anni dall’uscita dell’esempio magistrale di campagna native advertising. Dieci anni che a noi, esperti di pubblicità, sembrano un soffio. Chiudiamo gli occhi, facciamo un respiro e quando li riapriamo l’advertising online si è evoluto. Al contempo, le sue basi si sono consolidate.

La campagna di native advertising del 2014 realizzata per la serie “Orange is the New Black” è uno straordinario esempio della trasformazione del mondo della pubblicità. La pubblicità nativa abbraccia nuove strategie, per coinvolgere gli utenti/spettatori in modo efficace ed emozionale.

Il soggetto: “Orange is the New Black”

La campagna di native advertising promuoveva la serie televisiva “Orange is the New Black”: un racconto per episodi delle vicende di Piper Chapman, una donna condannata a scontare la pena detentiva per un reato commesso.

La storia si sviluppa principalmente all’interno di una prigione femminile, mostrando le sfide, le dinamiche e i rapporti umani che si sviluppano tra le detenute. Questa serie ha ottenuto un grande successo grazie alla sua narrazione coinvolgente e ai temi sociali toccati, diventando un fenomeno culturale in tutto il mondo.

La campagna di native advertising in sé

Oltre alla cartellonistica offline e banner display online, gli ideatori della campagna pubblicitaria hanno voluto iniziare una collaborazione con il magazine “Times” – versione online – per il primo lancio. Posizionando contenuti all’interno del contesto editoriale della celebre testata, gli autori hanno creato un articolo che raccontava la condizione delle donne in carcere. L’articolo conteneva immagini e colori molto familiari ai fan della serie tv. In header, ovvero sulla fascia alta dell’articolo, venivano chiaramente esplicitati il logo della piattaforma di streaming promotrice – Netflix – e il nome della serie TV – Orange is the New Black.

Utilizzando un contenuto editoriale informativo sulla condizione delle carcerate negli istituti detentivi femminili, quindi, Netflix ha promosso una sua nuova serie tv. In due tempi contemporanei gli utenti hanno potuto leggere e approfondite un argomento “insolito” per i media – la vita in carcere – e ricevere uno stimolo pubblicitario, senza però incappare in banner fastidiosi. In aggiunta alla campagna native advertising, sono stati creati video brevi che sembravano essere registrazioni amatoriali delle detenute all’interno della prigiono. I video mostrando la vita quotidiana, le relazioni e i momenti di tensione. Questi materiali facevano parte di una content strategy per i social e venivano integrati all’interno del feed di Facebook, in una campagna advertising per generare un forte coinvolgimento da parte degli spettatori.

In particolare, questa strategia ha permesso agli spettatori di immergersi nel mondo della serie, creando un legame emotivo con i personaggi e la trama. Gli annunci pubblicitari integrati nel contesto della storia hanno generato una maggiore consapevolezza del pubblico nei confronti della serie e hanno alimentato le conversazioni online.

Airbnb – una campagna di native advertising su Ellis Island

Anche in questo caso facciamo un salto nel recente passato. Nel 2015 l’allora “piccola” Airbnb ha lanciato un’iniziativa che ha sicuramente segnato la storia di campagne native advertising. Airbnb, in collaborazione con il New York Times ha voluto coinvolgere gli utenti utilizzando il concetto di ospitalità in una chiave di sviluppo domestico e sociale.

Il native advertising Airbnb

La campagna di native advertising in questione si intitolava “Via ad Island of Hope, a New Home”: con un parallelismo tra gli immigrati in arrivo in America che approdavano ad Ellis Island e i turisti in arrivo nella grande mela, raccontava l’ospitalità tipica degli host di Airbnb.

L’attività pubblicitaria consisteva in un racconto editoriale per immagini. Scrollando il feed, le immagini e le caption condivano la customer journey con una narrazione molto positiva dell’accoglienza ad Ellis Island all’inizio del ventesimo secolo. Il racconto del brand creava uno specchio tra i modi gentili della gente di allora (ricordiamo: la pubblicità è una favola!) e l’accoglienza gentile che offrono gli host di Aribnb agli ospiti che prenotano in piattaforma. Non solo: la campagna di native advertising rifletteva sull’ospitalità e sullo sviluppo domestico esplorando la storia di Ellis Island attraverso l’uso di storie familiari, interviste, mappe e foto.

Creare engagement tramite contenuti

Come per il primo esempio presentato, anche nel secondo caso la campagna di native advertising è frutto di una collaborazione editoriale tra il brand e l’editore. L’obiettivo è stimolare l’engagement dell’utenza attraverso un canale che lascia spazio al racconto, senza interrompere l’esperienza dell’utente o dare adito a sospetti di essere di fronte ad una forma di advertising. Inoltre, evidenziamo l’intento informativo ed istruttivo della campagna di native advertising, ottimo modo di generare engagement e promuovere un brand. È stato osservato, infatti, che le campagne native adverising basate sulla storia e sull’istruzione sono forme molto popolari di pubblicità. Infatti, offrono agli utenti un’esperienza affiancata a conoscenze che durano una vita.

Questo porta una maggiore autorità ai brand promotori delle campagne native advertising. Gli utenti non sono solo coinvolti in un’iniziativa marketing ma possono apprendere qualcosa di nuovo e aprire alla riflessione su vari argomenti, anche complessi.

Nei due esempi di campagne native advertising che abbiamo riportato in questo articolo abbiamo visto come si possono promuovere brand o prodotti attraverso strategie editoriali. Coinvolgere l’utenza significa accompagnarla al compiere un’azione sia di marketing sia più riflessiva e personale, come la lettura di un articolo sulla condizione femminile nelle carceri.